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“sotto il mandorlo della tua donna, quando la prima luna d’agosto sorge dietro la casa, potrai sognare, se gli dèi sorridono, i sogni di un altro”
(antico proverbio cinese)
Buongiorno, buona domenica e buona estate ✩
La citazione che hai trovato in apertura di questo numero di Kairos è l’esergo che Antonio Tabucchi riporta nel suo Sogni di sogni (Sellerio editore, 1992), opera all’interno della quale egli immagina di… avere sognato i sogni di grandi uomini, da Freud a Dedalo al Caravaggio.
Ci hai mai pensato che non pronuncerai mai la frase “sto sognando?”. Sognare è un verbo che si coniuga soltanto al tempo passato: “ho sognato di essere un aviatore”, “ti ho sognato mentre raccoglievi fiori” o, con la sintassi meravigliosamente scorretta dei bambini, “ho sognato che ero in Africa”. Non è forse il sogno il luogo del tempo imperfetto? Il tempo delle fiabe, che sancisce una irrealtà continua nella quale ci viene chiesto di immergerci, mente e corpo.
Difficile trovare qualcuno che non sia mai rimasto affascinato dal tema del sogno. Che sia dal punto di vista psicanalitico, neurofisiologico, filosofico o poetico, quei brevi minuti - che paiono distendersi in una notte intera - si presentano sempre come qualcosa di sublime. Nel vero senso di ‘sublime’: che desta stupore, che suscita domanda, che tiene a distanza. ‘Sublime’ è ben più di ‘bello’; a volte, non lo è nemmeno, virando verso il ‘terribile’.
Quando studiavo l’origine e l’evoluzione del linguaggio, scoprii un dato che mi colpì moltissimo. I sogni nascono nell’emisfero destro, che è quello del pensiero creativo, dell’immaginazione vivida; l’emisfero sinistro, invece, nel corso dell’evoluzione divenne sempre più il luogo dove si concentrarono le facoltà motorie della comunicazione, ed in seguito quelle relative ai centri della parola (che è un “gesto inghiottito a metà”, non dimentichiamolo mai). Mi chiesi dunque, a quell’epoca, se in questa netta separazione delle funzionalità cerebrali (al netto dell’esistenza dei circuiti neuronali che poi mettono in comunicazione i due emisferi) si nascondesse una banalissima evidenza: difficile, difficilissimo è raccontare i propri sogni. Come se quelle straordinarie immagini create nell’emisfero destro non riuscissero a trovare immediata espressione anche nel linguaggio parlato o scritto, arroccato nel suo emisfero sinistro. Non so se capita anche a te, ma io posso mantenere una flebile immagine onirica per tutta la giornata, ma quasi mai riesco contemporaneamente a descriverla.
“E come in sogno, quando nella notte una languida quiete grava sugli occhi, noi immaginiamo di volerci scatenare ansiosi nella corsa, e a metà sforzo cadiamo sfiniti: la lingua è muta, svanito è il vigore abituale delle membra, non escono parole e voce”
scrive Virgilio nell’Eneide, descrivendo l’episodio di Turno.
Immaginazione e azione; sogno e parola. Per sempre separati, senza che nemmeno un corpo calloso (guarda dove si trova, nell’immagine seguente) riesca a metterli in comunicazione.
O forse invece tu riesci, a fare comunicare quelle due isole, e la mia sarebbe allora solo un'ulteriore prova di neurodivergenza (che poi… siamo tutti neurodivergenti, fortunatamente!).
Parole in Volo
Siamo fatti della stessa sostanza. Vittorio Lingiardi, psicanalista, ci racconta quale sia questa sostanza.
Immaginazione. È più importante della conoscenza. E se lo diceva Einstein…!
Sensazioni. Lo sapevi che quando leggi ‘cannella’ ti si attivano le regioni olfattive del cervello?
Facciamo la prova? Se scrivo “confettura di susine e cannella”, come nella ricetta di Rossella… che sensazione stai provando?
Buona settimana a te ✩
Simona