Buongiorno! Ti sto scrivendo questo numero di Kairos mentre, sul tablet, ascolto e guardo la BBC che sta trasmettendo la cerimonia della Coronation… (la Monarchia britannica è uno dei miei guilty pleasures !)
KAIROS del 7 Maggio 2023
Foto di Dim Hou su Unsplash
Via col fiume. Chissà come sarebbe seguire le fasi della cerimonia da una casa galleggiante all’àncora sul Tamigi. Sono circa mille - racconta questo articolo di The Guardian - le persone che abitano e lavorano in stanze ondeggianti. Godendo di una visuale di Londra unica.
Abbiamo sempre vissuto nel castello. Si può affittare per il weekend, Fairburn Tower, il castello ristrutturato dal Landmark Trust.
Casa. Di abitazione in abitazione, vorrei farti scoprire (se già non lo conosci) questo meraviglioso albo dedicato alle… case straordinarie. Case sull’albero per sognatori, case con il tetto d’erba in paesi innevati, il laboratorio del botanico eccentrico e tantissime altre…
On the road. Pensando alle abitazioni poco convenzionali, mi è immediatamente venuta in mente una vita nomadica da trascorrere in un van. Una vita ornata di pochi fronzoli, immersi nelle piogge torrenziali e con il profumo dell’aria salmastra che penetra sotto l’uscio. Francesca Giovannini (su Instagram è @thebluebirdkitchen) ha appena pubblicato, con Gribaudo, Cucina on the road. “Pochi ingredienti, in poco spazio e zero sprechi” recita il sottotitolo. Anche questo è fare vacanze sostenibili (e non solo in furgone!). Seguo il profilo di Francesca perché (come le ho anche scritto) trovo una perfetta coerenza tra ciò che dice e ciò che fa. E non è poca cosa, specialmente di questi tempi.
Integrale. Rossella scrive: “ricominciare dalle cose semplici”. Io guardo i suoi crackers integrali al farro e olio d’oliva e penso ancora - dopo aver letto il libro di Francesca - a quella ‘decrescita personale’ alla quale ambisco.
“In the sky with diamonds”. Quasi cinquant’anni fa irrompe nella storia della scienza e del costume un nome: Lucy. La prima donna (anche se oggi si dice che potrebbe non essere nemmeno stata una donna…), il primo esempio rinvenuto di fossile di Australopithecus afarensis: la madre di tutti noi, insomma.
Cura. Nel resoconto di una conversazione con Eugenio Borgna, l’amicizia è il luogo in cui la tenerezza abita. Perché “non c’è cura dell’anima e del corpo, se non accompagnata dalla tenerezza che, oggi ancor più che nel passato, è necessaria a farci incontrare gli uni con gli altri, nell’attenzione e nell’ascolto, nel silenzio e nella solidarietà”.
Kairos, per gli antichi Greci, era il tempo immobile ed eterno, diametralmente diverso dal Chronos, che scorre implacabile verso l’abisso. Questa è la ragione per la quale ho voluto che lo spazio nel quale adesso ti trovi si chiamasse così: per ricordarci che abbiamo nelle nostre mani la possibilità di eternità.
“Ognuno è quello che fa e di cui si cura”
M. Heidegger, Prolegomeni alla storia del concetto di tempo
Foto di Diana Polekhina su Unsplash
Nella puntata di oggi ho sentito forte risuonare la nota della ‘cura’. E penso al fatto che il “prendersi cura” risponde alla struttura essenziale della condizione umana.
Nel pensiero di Heidegger, è la cura ciò che illumina nella sua essenza l’essere umano: da subito e lungo tutta la sua esistenza, il soggetto trova consistenza nell’assumersi responsabilmente cura di sé, degli altri e della realtà delle cose. Si tratta di una struttura dell’essere che travalica l’accudimento ‘emozionale’ per farsi, innanzitutto, habitus vivendi o, meglio ancora, categoria ontologica: ciò di cui ci prendiamo cura è ciò che plasma il nostro mondo e le nostre relazioni. Se di certe idee avremo cura, la struttura del nostro pensiero acquisirà la sua forma modellandosi su tale attività. Se delle persone avremo cura, lo scambio con esse diverrà parte del nostro essere. Nel prenderci cura delle cose al di fuori di noi, cresceremo e imposteremo il nostro vivere nel percepire la ‘mancanza’ di quello che avremo trascurato. Potremmo dire che il prendersi cura diventa fabbrica dell’essere dal punto di vista etico.
Ma, prima ancora che intervenire nella sfera etica, la cura come necessità attiene alla dimensione propria dell’essere.
Il mio essere, per quanto riguarda il modo in cui lo trovo dato e per come vi ritrovo me stesso, è un essere inconsistente; io non sono da me, da me non sono nulla, in ogni attimo mi trovo di fronte al nulla e devo ricevere in dono attimo per attimo nuovamente l’essere. Eppure questo essere inconsistente è essere e io in ogni istante sono in contatto con la pienezza dell’essere.
La riflessione di Edith Stein ricalca la considerazione dell’esistenza come possibilità, come disposizione ad essere, come poter divenire. Dire ‘possibilità’ invoca il riconoscimento di una mancanza - di una nostalgia dell’essere - che abita nel profondo delle nostre vite: le incognite riguardo alla nostra origine, al nostro passato, ma anche la dolorosa consapevolezza di dover ridurre il futuro ad un numero finito di possibilità.
Vivere è un lavoro, difficile, al quale siamo chiamati. Porre una pietra sopra l’altra, nell’architettura di quell’edificio che è il Sé, chiede fatica, riflessione e tempo. Il tempo, in particolare, si fonde nell’orizzonte della cura poiché la costruzione del Sé determina il disegno della trama di tempo della propria esistenza. Avere cura di sé significa innanzitutto avere cura del proprio tempo, avendone inevitabilmente preso coscienza.
Finché io non ho insegnato loro quando le stelle sorgono e quando tramontano, e non è cosa facile da capire.
(Eschilo, Prometeo)
Il lavoro faticoso di dare forma al proprio essere, alla propria possibilità di esserci, è quanto di più fragile possa darsi. Continuiamo a fabbricare modi di esserci, acquisiamo forme comunque temporanee e destinate ad essere superate; anche la forma più salda è destinata a sciogliersi al sole del tempo che passa. Tale ontologica fragilità, dobbiamo accettare. Tuttavia, stare nel presente non significa deresponsabilizzarsi, ma accettare la qualità del nostro essere. Di questo, dobbiamo avere cura.
Mi pare particolarmente bello, a questo punto, sottolineare come la possibilità di ‘fiorire’, di diventare, implichi la vulnerabilità.
Il nostro poter fiorire è intimamente connesso alla vulnerabilità. Essere aperti, recettivi, flessibili e teneri, essere emozionalmente capaci di investire nelle relazioni o impegnati a sostenerle, essere capaci di nutrire e lasciarsi nutrire di amore sono qualità necessarie a realizzare alcuni dei più importanti beni per la vita
A.L. Carse, “Vulnerability, agency and human flourishing”
Vulnerabili, fragili, orgogliosi di esserlo.
A dispetto di coloro i quali si prendono gioco di traumi e ansie, svilendoli a ‘mode’ del presente, in special modo se a viverli sono giovani e giovanissimi. I più ‘maturi’ hanno purtroppo già imparato a sopravvivere, nella migliore delle ipotesi mascherando se stessi, oppure ribadendo nel mondo il culto della competitività. Senza accorgersi che ad un tale gioco avrebbero sempre e solo potuto perdere.
Un abbraccio e buona settimana,
Simona