Sono felice di tenere fede al nostro appuntamento, pur al termine di una settimana molto difficile, triste e malinconica ma - in un qualche misterioso senso - anche piena e compiuta. L’allontanarsi definitivo di una persona cara ti costringe a riprogrammare il tuo essere. Gli spunti che ho scelto per te, per questa domenica, necessariamente non possono non tener conto dei pensieri che mi affollano la mente, ma voglio che - innanzitutto - essi manifestino speranza e gratitudine.
[PS Da questa puntata, riconoscerai i link perché sono colorati. Dimmi poi se ti piace!]
Le Parole in Volo del 12 Marzo 2023.
Il pezzo mancante. Trascorriamo una vita a comporre le tessere della nostra identità. La breve intervista alla prof.ssa Alessandra Fussi - docente di Filosofia morale all’università di Pisa - mi ha (giocoforza, direi, pensando a queste mie passate giornate) aiutato a comprendere perché l’infanzia sia considerata l’età dell’oro per ognuno di noi.
Piume. Quando stavo ragionando per giungere alla scelta del nome del mio dominio e del profilo Instagram legato alla professione, sapevo che avrei dovuto vagare intorno all’espressione classica ‘epea pteroenta’ (“parole alate”), per la dedizione al linguaggio di cui ti parlerò anche nell’epilogo di questa puntata. Una diversa ma contigua traduzione, le vuole invece ‘piumate’, in grado di volare veloci verso il loro bersaglio e trafiggerlo. E piumata è la speranza, secondo Emily Dickinson…
Prendi e porta a casa! Consulti il loro sito, scegli il menù (rigorosamente veg e a km zero!) e loro ti compongono un cestino da pic-nic che ti consegnano a casa. Che sogno… Piccolo inconveniente (se abiti in Italia): Haven Hills si trova tra Birmingham e Shrewsbury!
Gialli duecenteschi. A proposito di Shrewsbury, hai mai letto i romanzi di ambientazione medievale di Ellis Peters, il cui protagonista è fratello Cadfael? L’abbazia è situata proprio a Shrewsbury!
Pies. Resta ancora un attimo con me in località Midlands orientali. Karen è una food photographer (non amo le contaminazioni lessicali, ma Karen è inglese, no?), dello Shropshire, e questa settimana ho scoperto da lei che è la British pie week! In un bel cestino da pic-nic, ne metterei una decina, delle pies che ha fotografato!
Bucce di patata. Londra, 1946. Se mi segui anche sul profilo Instagram @parole._alate forse avrai già capito che la narrativa di autori inglesi relativa al periodo circostante la WWII è il mio ‘must-have’. E se ti dicessi che, questa volta, il film è all’altezza del libro…?
La malinconia ha sapore? Non l’ho mai amata, io, eppure per mio papà penso che fosse il comfort food per eccellenza, tanto da chiedere persino in uno dei suoi ultimi giorni che mia mamma gliela preparasse. Proverò a ricreare la pasta e fagioli di Rossella per sentirmi ancora parte di lui, di quest’uomo che ha lasciato un’impronta indelebile in me…
Parole in Volo oggi, proprio oggi, non può finire qui. La ragione è molto di più che non una causa definita, una circostanza del momento. Che le ‘parole alate’ siano da sempre vessillo e traguardo, per me, lo racconta la mia storia di vita. Della quale Kairos è, forse, l’ultima in ordine di tempo delle manifestazioni. Il senso di compiutezza al quale accennavo nell’Introduzione deriva dal fatto che in questa settimana ho dovuto (e voluto) ricollocare tutte le mie passate scelte, in una prospettiva che potesse tramutare il dolore e la sofferenza in ‘ragionevolezza’. Che non fosse l’effetto analgesico di un ‘senso superiore’ - nel quale pure credo - ma certezza per me.
Mio papà è stato (e continuerà ad essere) la persona che ha orientato la mia vita. Senza mai impormi il suo giudizio, lasciando che vivessi (e sbagliassi) a modo mio, nondimeno è stato. È rimasto, fedele a chi era e a ciò che riteneva fondamentale nell’esistere; testimone silenzioso dei suoi valori. Che sono diventati poi anche i miei.
Il valore del tempo, da dedicare a ciò che assicura benessere.
Il valore dello studio.
Il valore della solitudine e delle parole. Poche.
Il disinteresse nei confronti del ‘pensiero comune’ e dell’idea di performatività (paradossale, per una persona tanto brillante… (PS questo lo dico io, perché lui non l'avrebbe mai fatto)).
Mia, anche una pervasiva fragilità emotiva che gli rendeva ‘il mondo’ un oggetto se non da temere, tuttavia da maneggiare con cura. Altri anni, i suoi, purtroppo… Anni nei quali l’accettazione di simili stati d’animo si risolveva nella richiesta a se stessi di un piccolo ulteriore sforzo di volontà, ignorando il fatto che fallire nell’impresa era destino segnato in partenza.
Ricucire insieme e dare sostanza a quell’insieme di valori mi accorgo sia il percorso identitario - che sta diventando anche professionale - da me intrapreso qualche anno fa, in un luogo del tempo che mi piace definire ‘di non ritorno’. Un momento nel quale tutto ciò su cui avevo lavorato in precedenza (con quel medesimo spirito, riflessivo ed appassionato, di mio papà) giunse ad irrompere nel mio presente. Significativo è che il primo oggetto risultante da questo processo rechi, nelle sue pagine iniziali, la dedica “A mio padre, che mi ha insegnato il debito che l’Uomo deve provare nei confronti del pensiero e del linguaggio”.
Ho dunque pensato che, all’interno di Parole in Volo - accanto alla periodica rubrica Etymologies (che questa settimana non troverai) - sarebbe stato bello scavare un posticino per un nuovo spazio.
Che celebrasse le origini e l’appartenenza. Che raccontasse sempre di parole alate ma anche di ciò che sta per diventare ed è rimasto.
Ho deciso di chiamare questo nuovo spazio Radici. Poiché, se è vero che le parole salvano (e salvano sempre), lo fanno in virtù del loro duplice potere, rivolto sia all’esterno - verso altre parole, nella contiguità di significati ed immagini - che all’interno. Verso le loro origini, le sillabe da cui presero forma, le sorgenti alle quali attinsero la prima acqua.
Che Radici sia un balsamo, per me e per te. Una tenue e ripetuta singola nota, portata dal vento e proveniente da non si sa dove.
1. [ἐσ-]
Mi sembra giusto iniziare dall’origine di tutto ciò che è, nel pensiero e nel linguaggio. Da quell’ἐσ che diventa ἐσ-μί, e poi si fa εἰμί, cioè io sono. Del verbo εἰμί, in questo momento, mi interessa solo osservare e trattenere che - nel modo indicativo e al tempo presente - esso ha la possibilità di assumere all’interno della frase un ruolo ‘onnitemporale’ e cioè indipendente dal tempo.
Eterno.
Buona settimana e grazie per avermi letta fin qui.
Simona
Parole in Volo#4
Aspetto già domenica prossima Simona, grazie!