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“A quel che ti sfugge tu di fatto appartieni”
(E. Jabès)
Potrei scrivere della nostalgia per una vita intera. E, se vivere è in qualche modo scrivere di sé, forse l’ho anche fatto e lo sto facendo anche adesso, mentre raccolgo alcune tracce di parole che ho lasciato qua e là in questi anni.
Non credi anche tu che ognuno orienti la propria vita indirizzandola verso una mancanza? Nella speranza che essa si colmi, nella certezza che essa non lo farà mai. Ogni esistenza, se ci pensi, è soltanto una storia. Appunto perché ogni storia di vita è molto più di una cronaca: vent’anni potrebbero essere riassunti in cinque righe ed una giornata occupare mille pagine. Cucire eventi distanti, tralasciarli per poi riprenderli a posteriori, anticipare ciò che ancora non esiste: trascorriamo i minuti, le ore, a compiere nella mente tutte queste operazioni.
Ma allora… la vita è il romanzo che abbiamo deciso di scrivere oppure ognuno avrebbe diritto a scrivere il romanzo della propria vita?
E se oggi tu potessi scrivere il romanzo della tua vita, che genere sceglieresti? Un diario? Un archivio? Un mémoir? Una tragedia classica? Un romanzo giallo? Un romanzo d’avventura?
Sarebbe una narrazione lineare o alterneresti flashbacks e anticipazioni?
Avrebbe un finale aperto? Sarebbe una narrazione ellittica?
Il sapore dolceamaro della nostalgia incarna perfettamente quella tensione e quello struggimento che sono la cifra di ogni vita vissuta cercando, e non esaltando le fioche, temporanee, risposte che possiamo di volta in volta dare a noi stessi.
“Quel che resta del giorno” è un romanzo di Ishiguro che credo abbiano amato tutti coloro che lo hanno letto. Il titolo originale è “Hi no nagori”, cioè - letteralmente - il nagori del giorno. ‘Nagori’, nella lingua giapponese, è ciò che sta declinando, e quindi anche ciò di cui sappiamo che sentiremo la mancanza. ‘Nagori’ evoca la nostalgia ma anche il concetto legato a qualcosa che ci lascia suo malgrado. Un po’ come una stagione che irrimediabilmente declina. L’etimologia della parola si riferisce a nami-nokori, ‘ciò che rimane delle onde’... Anche sul bagnasciuga che forse tra poco frequenteremo, in mezzo agli strilli dei bimbi, impera la nostalgia.
Scrivere di sé - e questo luogo, nel quale anche tu ti trovi, non risponde forse a questa esigenza? - è un’azione che replica alla consapevolezza di una qualche forma di nostalgia. Non una nostalgia come tante, ma quella che si prova verso un luogo che non si è mai abitato e verso un tempo che non si è mai vissuto. Proust fece della reminiscenza la sua poetica, raccontando come l’autore che siamo oggi non coinciderà mai con il protagonista che eravamo ieri.
Da questa inguaribile nostalgia, e dai goffi tentativi di rispondervi con la scrittura, non cesserò mai di rimanere affascinata.
E ora… ti lascio alle Parole in volo, i luoghi dove mi è stato gradito sostare.
Nebbia. Se dico ‘nostalgia’, il termine non evoca nella tua mente il fenomeno della nebbia? Forse non è un caso che io sia nata a Milano, allora… Haar è la nebbia che avvolge le coste orientali della Scozia, ma che si assesta soprattutto sul mare. È un soffio freddo, che getta fuori fuoco e sfuma qualsiasi prospettiva (a proposito, leggi la newsletter che ha scritto ieri Martino Pietropoli riguardo al concetto di ‘ambiguità’ e dimmi se non ritrovi qualcosa dell’haar…)
Uno sguardo dall’alto. Io mi sono innamorata di questo sito, che abbraccia dall’alto qualsiasi distretto del pianeta e ti mostra l’andamento dei venti, della nuvolosità, delle temperature… e della nebbia.
Tracce naturali. La Natura ha mai provato nostalgia di sé? Che storia possiamo ricostruire a partire da tutte le tracce che ha disseminato alle sue spalle? Non è una storia di nostalgia anche questa? Agnese Codignola ci racconta di un progetto, al quale aderiscono anche alcuni musei italiani, che vuole restituire ad ognuno la possibilità di accedere a quelle tracce.
Sulla fine. E poi, improvvisamente, ci si accorge che ciò che pensavamo eterno è finito. Lo scrittore Geoff Dyer ha scritto un saggio nel quale esplora - e ritorniamo ancora a Proust - la paura di arrivare alla fine.
Agrodolce. Troppo struggente, la puntata di oggi, per vagabondare nella casa di Rossella? Affatto! Se è vero che il sentimento della nostalgia ha un sapore dolceamaro, ho trovato quelle cipolline da tuffare in una pentola con aceto, olio, sale e zucchero. Per lenire le nostalgie più lievi.
Ti abbraccio e ti auguro una buona settimana.
Simona
Ciao Simona!
Ti sto leggendo dal bagnasciuga al tramonto e sai che alla prima tua frase di spiegazione del nagori ho pensato all’ultimo giorno di mare di metà settembre di qualche anno fa, in cui mi sono messa sul bagnasciuga a salutarli, il mare e la stagione, in attesa di re incontrarli, uguali ma diversi, alla successiva?
Oh Rossella..! Che bellezza che tu sia sul bagnasciuga e che meraviglia che parole e ricordi 'volino' così tra noi ❤