“È una cavità all’interno dell’uomo, dove può essere contenuta qualsiasi cosa. Lì il passato si mescola con il non-passato e ciò che è stato con ciò che deve ancora avvenire, lì amici e sconosciuti vivono fianco a fianco incuranti delle loro vite un po’ sfocate, lì le lancette si sono fermate benché il meccanismo continui a funzionare, lì il ghiaccio si forma mentre si scioglie, lì ci sono parole ma anche molte cose che non hanno parole, ci sono grandi quantità di quel che è chiaramente scritto ma anche segni cancellati, illeggibili. E non si devono dimenticare le malattie, seguite da guarigioni, e profumo di foglie di betulla. E infine, nel fondo dell’inesauribile memoria, c’è la grazia divina per mezzo della quale tutto è potuto accadere ed esistere, tutto ciò che è passato come ciò che ancora non è accaduto o esistito, ma che tuttavia è giusto e appropriato ed esige il suo posto, tutto ciò che è sostenuto dal pugno massiccio della grazia”
(Torgny Lindgren, La ricetta perfetta, Iperborea, 2004)
Ciao e buona domenica ❀
Qualche giorno fa sono stata folgorata dalla lettura il cui brano ti ho riportato in esergo. A parte che Iperborea ha sempre quel quid in più, non fosse che per il formato dei suoi volumi…! Sei anche tu fan dei racconti e degli autori ‘oltre un certo parallelo’?
Ho quindi pensato bene di sfruttare quel brano anche per sollecitare alcune riflessioni nella community (si dice così, no?) dei docenti che mi leggono in questo altro luogo. Volevo richiamare ad una certa etica (ed estetica) professionale, ma non te ne parlo qui. Anche oggi, però, ragionando di altro che non di scuola e di leggi e di burocrazia, vorrei soffermarmi sulla nota che sento ancora riecheggiare, pensandol brano di Lindgren.
NdA. Una mia amica - che è anche mia collega ed è pianista - ultimamente mi ha fatto riflettere sul senso del pedale destro del pianoforte. Quello che forse i neofiti e gli apprendisti utilizzano di meno. Il pedale di risonanza, che serve a far permanere più a lungo le note, quando viene pigiato. Le fa proprio rimanere nell’aria. La nota è stata prodotta; è giunta al nostro orecchio; ad essa poi ne seguirà un’altra. E un’altra ancora, e così via. Però, se durante queste azioni di percussione della corda verrà pigiato il pedale destro, allora i nostri timpani riceveranno le onde dell’ultima nota ma contemporaneamente anche la memoria della penultima e l’eco fragile di quella ancor precedente… Tutto il nostro corpo sarà immerso in un’armonia complessa, che contribuirà in modo deciso alla percezione che tratterremo di quel momento musicale.
La memoria, alla quale si riferisce il brano, la penso parente stretta di quella nostalgia di cui scrivevo la settimana scorsa. Forse la madre, magari una nonna. Della memoria si scrive da più di duemila anni, così come ci si interroga sul Tempo, il bacino dal quale essa attinge. Che bella triade, però… Memoria, Tempo, Nostalgia. Aggiungerei anzi un altro elemento e andrei quindi a comporre il ventaglio perfetto dei concetti ai quali non smetterei mai di dedicarmi: l’Immaginazione.
(del resto, Pennac scriveva che “la memoria, è l’immaginazione al contrario”)
Nella ‘torta a strati’ che si chiama esistenza - e che il linguaggio, la parola intesa come sintassi, crea - tutto dipende infatti dal gioco di quei quattro (evangelisti? cavalieri dell’apocalisse? elementi originari?).
È la memoria personale ad offrire occasioni nuove di conoscenza e di proiezione. Si distinguono però diverse accezioni della memoria:
rievocare ↝ è il momento dedicato al ritrovamento sensoriale delle esperienze, che si credevano scomparse ed ora vengono disseppellite; si rievocano oggetti, scene, percezioni. Si tratta di una azione che è in grado di generare autobiologie e già qualche traccia di autobiografia
ricordare ↝ è il momento che rinvia alle esperienze in grado di suscitare intense emozioni. Tali esperienze - per essere efficacemente rese dalla scrittura - devono trasformarsi in ‘altro’ (poesia, drammaturgia, epigrammi) al fine di spostare l’emotività dell’episodio - doloroso o felice, ma finito per sempre - ad una sua rappresentazione
rimembrare ↝ è un ‘rimettere insieme le membra di ricordi sparsi’: introduce a retrospezioni che servono a ricomporre in strutture, figure, disegni un’esperienza di vita composita e complessa
rammentare ↝ è l’azione della memoria che fa trasparire dai racconti di vita le situazioni che il soggetto reputa essere state le più significative. Di solito, a questo livello emergono situazioni, luoghi o persone con funzione di ‘mentore’, cioè cruciali per l’acquisizione di una propria consapevolezza
reminiscere ↝ è poter giungere al momento in cui il vissuto viene ritrovato in profondità nel presente
Questa distinzione ricorda il binomio mneme-anamnesis di Aristotele, che poi diverrà memorari-reminisci in S. Tommaso. Mneme/memorari è il conservare bene ciò che si è acquisito una volta. Anamnesis/reminisci è un ritrovamento (reinventio) di ciò che si è acquisito in passato, ma non si è ben conservato.
La memoria precede dunque la reminiscenza (o rammemorazione), la quale è invece opera di una volontà forte, quella del soggetto, che esercita sia deduzione che ricerca.
Con la memoria si sa, con la reminiscenza si capisce.
L’autore moderno che fece della sua opera una poetica della reminiscenza fu Marcel Proust.
Nel suo capolavoro, egli scrive:
“riconoscere qualcuno, e più ancora identificarlo, dopo che non si è riusciti a riconoscerlo, significa pensare sotto un’unica denominazione due cose contraddittorie: ammettere che quello che c’era, l’essere di cui ci si ricordava, non c’è più, e che quello che c’è ora è un essere che non conoscevamo; significa dover riflettere su un mistero inquietante, quasi, come quello della morte, di cui esso è, del resto, una sorta di introduzione e di annuncio”
È bello soffermarsi a tentare di distinguere quale forma della memoria stiamo applicando, di volta in volta, nelle nostre giornate. Non per un puro gioco cervellotico, ma per imparare a gestire gli stati d’animo che si inseriscono in essa.
Hai già indovinato, scommetto. Nell’archivio - nella memoria fotografica e testuale - di Rossella, che cosa avrei mai potuto citare se non le madeleines proustiane?
Domanda d’obbligo: qual è la tua madeleine?
Intanto, ti auguro buona giornata e buone memorie…
Simona