“Non vi è agonia più grande del portare dentro di sé una storia non raccontata”
(Maya Angelou)
Buona domenica ♧
Della letteratura classica sono sempre stata innamorata; alla psicoanalisi mi sono avvicinata - con cautela - cammin facendo. Entrambe rispondono, però, a bisogni primigeni: quello della bambina che si mise a scrivere ‘storie’ non appena seppe tenere in mano una penna; quello della giovane che iniziò ad insegnare per poter ‘raccontare’ ed infine quello della donna che ha deciso di accompagnare altre persone nella riflessione sul proprio sé e sulle proprie azioni.
Se ci pensi, letteratura e psicanalisi affermano entrambe che il racconto della vita è più importante della vita stessa. Il brano che mi è più caro si trova nel libro VIII dell’Odissea: Odisseo si trova alla corte dei Feaci, sulle coste del cui regno è giunto derelitto e irriconoscibile. Il re, Alcinoo, ha organizzato un banchetto in onore dell’ospite sconosciuto; mentre gli invitati si dilettano con le pietanze, prende la cetra Demodoco, il cantore di corte. E narra della decennale sfida fra Achei e Troiani, delle gesta degli eroi, dell’inganno del cavallo. Due volte Alcinoo deve imporre il silenzio al cantore, commosso dalle lacrime e dalla disperazione muta dell’ospite. Odisseo non piange perché pentito di aver decretato la morte del popolo troiano: Odisseo piange perché sta iniziando a capire che storia egli rechi dentro di sé.
Egli si riconosce, per la prima volta dopo dieci anni dalla partenza dalle rive dell’Asia Minore; dopo dieci anni, egli ricorda chi è. E lo fa grazie al racconto di un altro.
L’istante dello svelamento non è soltanto metaforico, è anche evidente nel corpo: l’eroe degli Achei lascia cadere il mantello dalle spalle, guarda negli occhi il suo interlocutore e, dopo averne eluso già una volta le richieste, finalmente acconsente a dire chi sia. O meglio, finalmente scopre chi è e lo pronuncia: “sono Odisseo, figlio di Laerte”. E, a partire dai versi seguenti, prende vita la parte dell’Odissea che tutti noi ricordiamo, quella narrata sugli albi illustrati per i bambini: il racconto delle peripezie, per mare e per terra; i mostri; le tappe del ritorno; la vendetta consumata con fredda ferocia; il ricongiungimento con la sposa.
Quando, una ventina di anni fa, incontrai lo studio della psicanalisi, anch’essa fu uno svelamento: la scena che Omero (o chi per lui) narrò più di ventisette secoli fa riassumeva già, in sé, la scoperta più grande che l’Uomo possa compiere:
l’io si scopre attraverso il racconto di un tu, l’io si conosce attraverso il racconto ad un tu
Quando i terapisti affermano che il racconto di un trauma non assegna ad esso un ordine interpretativo, ma un ordine narrativo, essi stanno ricordando il ruolo cruciale che ha l’accogliere il racconto di un dolore altrui. La psicoanalisi fa di questo nodo il suo ambito d’azione, ma per ognuno di noi abbracciare il dolore di un altro inizia sempre con l’ascoltarne in silenzio le parole. Affinché colui che è l’altro riesca a mettere ordine negli eventi che narra e giunga, infine, a conoscersi.
Tra genitori e figli, tra insegnanti e studenti, tra amici o fratelli… ciò che sancisce un legame è un racconto, è un discorso.
Svolto nel silenzio. Del resto, quando Alcinoo comprende che Odisseo sta per svelare la sua identità, intima ai cantori ed ai musici di tacere. Nella sala del banchetto a Scherìa, cala il silenzio più greve.
Parole in Volo
Il leone e il polpo. Dicono che non ci siano alternative: il cuore batte o per Achille o per Odisseo. Dal racconto che ti ho fatto sopra, penso che tu possa non avere dubbi su quale sia il destinatario dei miei battiti… E per te?
Vita o non vita? Devo confessare che il mondo inerte, quello dei minerali e delle rocce, non mi ha mai attratto. Anzi, mi ha sempre respinto. Eppure, questo articolo di Laura Tripaldi potrebbe condurmi a rivedere le mie scelte.
Fama. Vado sul sicuro, tornando dopo qualche numero a proporti un altro Baricco d’annata. Ascoltarlo raccontare di Achille è commozione allo stato puro.
La notte degli eroi. Anche questo è un ascolto ‘da poltrona’, preferibilmente sorseggiando una tisana o un Armagnac. Le mie due figlie sono entrambe classiciste, e quindi durante gli anni del loro liceo l’appuntamento della Notte del Classico è stato un evento imperdibile. Questa che ti propongo è la versione in cui comparvero Roberto Vecchioni, Chiara Valerio, Andrea Marcolongo, Matteo Nucci e Melania Mazzucco. Che odio quando chi ha studiato tutto ciò lo utilizza come arma di snobismo… è solo Bellezza, invece!
In Grecia. Non perché tra gli ingredienti figuri lo yogurt greco, ma perché la fotografia mi rimanda ad una delle pietanze che avrebbero potuto trovare posto nel banchetto di Alcinoo…
Buona settimana… ♡
Simona
Vero! Soprattutto in classe si nota che gli sguardi si accendono soprattutto quando racconti qualcosa di te. Ma che fatica aprirsi con gli adulti.